Survivor Series War Games è ai titoli di coda, ma una musica sconvolge tutti. Una musica che da dieci lunghissimi anni non risuonava nelle arene della WWE. E’ Cult of Personality dei Living Colour. E’ la musica di CM Punk. Ebbene sì. Il ‘Voice of Voiceless’, il ‘Best in the World’ è tornato. Gli scenari sono molteplici, ma vogliamo concentrarci sul significato di questa operazione di come back, sui suoi rischi e sui suoi benefici. Per capirlo, però, dobbiamo necessariamente ripercorrere gli ultimi dieci anni per capire bene chi è l’uomo della provvidenza che la WWE ha fatto tornare nel suo roster.
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L’uomo della Pipe Bomb. Senza dilungarci su tutta la sua carriera, arriviamo direttamente al 2011. CM Punk è una superstar cresciuta notevolmente, brava a farsi spazio in un roster dove da anni la stella dominante è John Cena. Punk non solo è acclamato dai fan, ma diventa una vera e propria istituzione quando in un episodio di Raw del 27 giugno di quell’anno si rende protagonista di un worked-shoot promo passato alla storia come la Pipe Bomb. L’atleta di Chicago si lascia andare in un promo dove critica tutte le contraddizioni del mondo WWE, le tante chance date a John Cena e in passato a persone come lui, passando anche per allusioni a scandali riguardanti Vince McMahon. La realtà era che i booker hanno lasciato piena libertà (entro certi limiti) a Punk per quel promo. Quindi non crediamo totalmente alla storia del ribelle, comunque è tutto programmato, sebbene con “copione libero”, mettiamola così. Ma quando la gente ascolta quel promo non riesce a credere a cosa sta ascoltando. Può davvero un atleta della WWE gettare così tanto fango sulla stessa compagnia in un suo show? Inutile dire che la Pipe Bomb eleva CM Punk a leggenda. Conquista il titolo WWE contro John Cena nella sua Chicago a Money in the Bank e scappa via dalla federazione. Poi torna e dopo qualche tira e molla diventa ancora campione WWE e rimane tale per 434 giorni. Oggi sembra poco, guardando gli oltre 500 giorni tra il 2017 e il 2018 del primo regno da campione universale di Brock Lesnar e gli oltre 1.100 giorni di Roman Reigns, ancora adesso campione universale indiscusso. Ma in quel periodo questo è stato il record assoluto per un regno da campione mondiale nell’era moderna. Ma ora iniziano i problemi.
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Royal Rumble 2014: il burrascoso addio. A cavallo tra il 2011 e il 2014 CM Punk consolida il suo status di punta nella compagnia e, giustamente, inizia a pretendere di più. Un atleta come lui, over come lui, deve coronare la sua carriera e c’è un solo modo per farlo: lottare nel main event di Wrestlemania. Il 2012 potrebbe essere l’anno buono. La Pipe Bomb e la Summer of Punk sono stati il trampolino di lancio. Ma la WWE da tempo ha pianificato il ‘Once in a Lifetime’ tra The Rock e John Cena per Wrestlemania 28: i piani non possono cambiare e CM Punk lo accetta e si fa da parte. L’anno però scorre via da campione e non si può non considerarlo ancora per il main event di Wrestlemania 29, nel 2013. Ma la WWE se ne inventa un’altra: il ‘Twice in a Lifetime’ ancora tra The Rock e John Cena, addirittura col titolo in palio, con CM Punk che dopo 434 perde il titolo WWE contro un atleta ormai fuori dal giro dei full-timer: appunto The Rock. Ma ora come la si spiega? Beh, per Punk c’è un contentino niente male. Non avrà il main event, ma ottiene la sfida contro Undertaker e la sua streak, che nel 2013 è ancora 20-0. Faida fantastica, match fantastico e anche stavolta la “pillola” va giù. Ma nel 2014 non c’è scusa che tenga: il main event di Wrestlemania 30 deve essere suo. C’è chi parla di una faida con Triple H, chi parla di una vittoria della Royal Rumble per poi andare per il titolo. Ma la realtà è che CM Punk viene ancora una volta snobbato. Riceve ancora un “no”. Nella rissa reale parte come numero 1, arriva quasi alla fine, ma viene eliminato. Shock per tutti, ma nessuno sa che è l’ultima apparizione ufficiale del ‘Voice of Voiceless’. Senza preavviso, senza annunci, Punk se ne va. A modo suo, da ribelle, senza avvertire nessuno. La misura è colma. Wrestlemania 30 passerà alla storia per la rivalsa di Daniel Bryan e dello ‘Yes Movement’, ma la realtà è che forse più che la Wrestlemania di Bryan doveva essere quella di Punk.
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La battaglia a distanza con la WWE e la nuova vita. Da quel 2014 inizia una vera e propria guerra con la federazione in cui è diventato popolare. CM Punk viene licenziato qualche mese dopo, nel giorno del suo compleanno. Ma lui inizia a dare la sua versione dei fatti, intentando anche cause contro la WWE, accusata di averlo “imbottito” di antidolorifici e di averlo fatto combattere in condizioni fisiche precarie nei vari live event. Non manca di far sentire il suo risentimento per l’irriconoscenza nei suoi confronti e per quel main event sempre negato. Dal canto suo la WWE fa emergere i malumori del backstage nei confronti di Phil Brooks (suo vero nome, ndr). Infatti stiamo comunque parlando di un personaggio complesso, non semplice, non amato da molti per i suoi atteggiamenti, che negli anni si sono fatti sempre più prepotenti. Insomma, anche la WWE ha le sue ragioni per stare alla larga da lui, anche se è pur sempre una “gallina dalle uova d’oro”. Punk, intanto, tra una “stoccata” e l’altra al mondo del wrestling e alla WWE, si lancia nella sua nuova vita, fatta di tanti progetti. Cercando di rimanere in ambito sportivo, ma togliendo almeno in parte la componente spettacolare, CM Punk si lancia nel mondo delle MMA. La sua popolarità attira le attenzioni della UFC, che si affretta nel 2016 a dargli un match. Ma le MMA sono altra cosa e al suo debutto, dopo appena 2 minuti e 14 secondi, si arrende alla rear naked choke del non irresistibile Mickey Gall. Ha il merito di rialzarsi e mettersi a lavoro per una nuova chance. L’occasione si presenta nel 2018 contro un altro atleta non irresistibile: Mike Jackson. Va meglio quantomeno perché non va ko e arriva alla fine dei tre round. Ma è comunque una sconfitta, forse quella che sancisce la fine del suo tentativo di farsi strada nel mondo del ‘fighting’.
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AEW: andata e ritorno, tra croce e delizia. Ma CM Punk nei cuori dei fan di wrestling non è mai stato dimenticato. Non importano le sue bordate o i suoi maldestri tentativi di farsi strada in altri mondi. Nelle arene della WWE si canta ancora “CM Punk, CM Punk”. E vogliamo parlare delle Royal Rumble? Alzi la mano chi ogni anno non ha atteso l’evento sperando che in un ingresso a sorpresa tornasse lui. Ma CM Punk ce l’ha ancora a morte con McMahon e il suo entourage e fa la mossa a sorpresa. E’ il 20 agosto 2021 quando torna nel mondo in cui è diventato una star: il wrestling. Ma non in WWE. CM Punk sbarca nella neonata AEW, che da questo momento ha un’impennata negli ascolti. Il suo percorso è clamoroso. Tra i soliti promo eccellenti e alcuni match di grande qualità, CM Punk si prende la scena, diventando anche campione mondiale. Ma nel suo percorso, dopo le gioie, arrivano i dolori. Si sparge la voce secondo cui Punk avrebbe chiesto alla AEW il licenziamento di Colt Cabana e le diatribe con i media iniziano a farsi sempre più pesanti. Punk accusa Kenny Omega e gli Young Bucks di aver messo in giro questa falsità e dalle parole si passa ai fatti, quando nel backstage si arriva alle mani. Il CEO della compagnia, Tony Khan, punisce sia lui che Omega, privandoli anche dei titoli che posseggono in quel momento. Un infortunio, poi, lo tiene fuori per otto mesi. Ma il rapporto con la AEW si è incrinato. Fa il suo ritono a giugno 2023 e regala un ultimo acuto nel mese di settembre, quando nell’evento All Out di Londra affronta in un gran bel match Samoa Joe. Ma qui si consuma, nel backstage, l’ennesimo fattaccio. Nuova rissa, stavolta con Jack Perry e la compagnia stavolta non lo accetta. Licenziamento per giusta causa. E’ forse in quel momento che si illumina la lampadina della WWE, che inizia a valutare di sotterrare l’ascia di guerra.
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Pro e contro di un ritorno tanto atteso. E così, tra rumors e smentite di rito, si arriva al post main event di Survivor Series War Games, con CM Punk che dopo dieci anni, finalmente torna in WWE. Ma è un’operazione stellare in toto? Analizziamo bene. Che CM Punk sia un catalizzatore di attenzione è innegabile. Per la sua storia, il suo personaggio, l’attesa del ritorno, non si può negare che la WWE avrà un incremento non da poco dei suoi affari: ascolti, merchandising, hype per gli show. Ma allo stesso tempo, la WWE sa che non si è ripresa in casa una superstar facilmente “addestrabile”. CM Punk se è tornato è perché vuole ciò che gli è stato negato sempre: il main event di Wrestlemania. Soprattutto ora che lo show è ormai su due giorni, il “ventaglio” si amplia, potendo fissare ben due main event. Triple H non potrà dirgli di no. Viene difficile da pensare che si attenderà anche solo l’anno prossimo. Punk sarà nel main event di una delle due serate. Ci arriverà vincendo la Rumble? Ci arriverà per altre vie? Non lo sappiamo, ma siamo abbastanza sicuri che ci arriverà. C’è però anche un altro problema. La gestione nel backstage. Punk è notoriamente, e l’ha dimostrato in AEW, un attaccabrighe. Non piace a tutti, non tutti amano lavorare con lui. Dovrà certamente migliorare da quel punto di vista, ma non è detto che le altre superstar siano ben disposte nei suoi confronti. Ma lui non è qui per avere amici, ma per far soldi. La WWE lo sa, ha valutato i pro e i contri di questa operazione e se saprà gestire una personalità così ingombrante tutti ne trarranno benefici.