Chi è stato il man of the year in WWE? Quale la superstar maschile che più di ogni altra ha fatto suo questo 2020? Andiamolo a scoprire in questa classifica dal decimo posto risalendo fino all’uomo dell’anno.
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Posizione n. 10 – Otis
Ebbene sì. Il nostro amico panzone è nella top 10. Un personaggio comedy e poco più. Ma che ha conquistato tutti i cuori dei fan per il suo essere goffo. Nella prima parte di 2020 è andato over come non mai per via della sua corte timida ma tenerissima alla stratosfericamente bella Mandy Rose. Come poteva un panzone affamato conquistare una diva di quel livello? Non poteva, ma quando ha iniziato ad avere delle chance e il volpone Dolph Ziggler gliel’ha soffiata, tutti, ma proprio tutti abbiamo tifato per Otis. Tutti abbiamo odiato Dolph Ziggler e Sonya Deville, che ha interpretato il classico ruolo dell’amica stronza che si intromette, boicottando il nostro amico, sostenuto solo dal partner degli Heavy Machinery, Tucker. Ma quando Mandy aiuta Otis a battere Dolph a Wrestlemania e chiude il segmento baciandolo, tutti ci siamo sentiti al settimo cielo. Abbiamo rivisto in Otis noi stessi quando ci proviamo con una che ci piace ma con cui non abbiamo speranze. Otis è il sogno di tutti che si realizza. E talmente era over, che addirittura la WWE gli ha dato l’opportunità della svolta storica: ha vinto il Money in the Bank. Otis da un momento all’altro avrebbe potuto incassare per diventare campione universale. Avrebbe, appunto. Perché svanito il momento clou del suo anno, la seconda parte del 2020 è stata una lenta uscita di scena. Personaggio divertente, ma non credibile per diventare un futuro campione mondiale. Almeno non con questo character. Così la scelta di metterlo contro The Miz a Hell in a Cell, perdendo a causa del tradimento dell’amico Tucker. Fine della favola. Ma rimane questo un anno da ricordare, forse irripetibile per il simpaticissimo Otis.
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Posizione n. 9 – Kevin Owens
Anno davvero strano per Kevin Owens, che continua a mostrare grandi qualità, ma che allo stesso tempo continua a anche a fallire quel salto di qualità che dovrebbe compiere ogni anno. Prima parte buona, che culmina nell’ottimo feud con Seth Rollins, che sfocia nel grandissimo match di Wrestlemania, dove vince e mette a segno il suo Wrestlemania Moment con quel fantastico Elbow Drop dalla sceneggiatura. Ma non è stata la rampa di lancio. Anzi. Per molto tempo l’abbiamo visto lontano dalle scene o relegato in faide minori, in cerca di una dimensione che stentava a trovare. Poi finalmente qualcosa si è mosso. Sul finire del 2020 la WWE si accorge finalmente di lui e gli offre un grande feud contro Roman Reigns, condotto benissimo da entrambe le parti, con Owens nel ruolo di face, ma non il classico face eroe buono, ma selvaggio e aggressivo, vagamente simile a Stone Cold. Lo straordinario TLC match di TLC, comunque perso contro Roman, rivela quanto possa essere importante Kevin in questa compagnia come performer anche sul ring. Che il 2021 sia finalmente l’anno della svolta per lui?
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Posizione n. 8 – Sami Zayn
Il personaggio furbo, irritante, presuntuoso e codardo di Sami Zayn è davvero eccezionale. Il ‘Great Liberator’, pur essendo stato presente solo a tratti in quest’annata, ha mostrato di essere assolutamente un performer di impatto nella compagnia. Nella prima parte arriva con furbizia al titolo intercontinentale, confermandosi campione nientemeno che contro Daniel Bryan a Wrestlemania. Ma poi sparisce, sembra per cautelarsi dal covid. Viene spogliato del titolo, ma torna dopo l’estate rivendicando di essere l’unico vero campione intercontinentale. Lo fa con i suoi soliti promo autocelebrativi, che proseguono quando con la sua consueta furbizia ha la meglio in un grandissimo ladder match a Clash of Champions. Da campione è assolutamente dominante. Ma non perché mostra particolare forza o abilità (che ci sarebbero anche, ma che con questo personaggio sono messe nel cassetto perché serve altro, ndr). La grandezza di Sami sta nel carisma e nelle grandissime qualità al microfono che lo rendono uno dei migliori heel della compagnia. La sua assenza per gran parte dell’anno si è fatta sentire molto nel midcarding.
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Posizione n. 7 – AJ Styles
Settimo un anno fa, settimo quest’anno, ma sempre in top 10. Come il 2019 anche il 2020 di AJ Styles è stato di ordinaria amministrazione. Forse leggermente migliore, ma chi abbiamo inserito prima di lui in classifica ha oggettivamente fatto di più. Il ‘Phenomenal One’ non è mai stato nel giro titolato né a SmackDown né a Raw, ma ha comunque trovato un modo per far capire che non è affatto finito. Anzi ha sfoderato buonissimi match, in alcuni casi ottimi, e ha saputo adattarsi a molte situazioni, anche quelle comedy. Ha rivisitato il suo ruolo di heel, interpretando un cattivo a metà tra il buffo e il codardo, ma che se serve sa anche lottare. Nella prima parte di anno si è lanciato in quella che era una vera sfida: un feud con Undertaker, che non era più il ‘Deadman’ di un tempo, ma una leggenda a fine carriera e fuori forma. Eppure AJ ha tenuto vivo il feud con ottimi promo e ha interpretato benissimo l’innovativo boneyard match. Bella anche l’interpretazione nel cinematografico Money in the Bank, sfuggitogli per un soffio (i segmenti della stanza con le bare e del duello con Daniel Bryan nella stanza di McMahon sono divertentissimi, ndr). AJ sembra essersi trovato molto a suo agio nei “cinema-match”. Ma ha saputo fare benissimo anche sul ring. Trasferito a SmackDown ha subito conquistato il titolo intercontinentale, vincendo una bellissima finale contro Daniel Bryan, in un match iper-tecnico tra i migliori di questo 2020. Il suo regno da campione intercontinentale è stato più che buono; non eccezionale, ma assolutamente buono e con ottime difese. Poi è stato ancora draftato a Raw, dove ha interpretato bene il ruolo di capitano non accettato, ma ben difeso dal suo bodyguard, del suo team per le Survivor Series. Insomma, AJ è sempre AJ, c’è poco da fare.
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Posizione n. 6 – Edge
Signori e signori, l’infinito fatto persona. Edge è stato protagonista, sebbene solo part-time, della prima parte del 2020. E già questa è una notizia. La stenosi al canale vertebrale l’aveva costretto allo stop per sempre nove anni fa. Lui però è tornato, mandando in visibilio il pubblico (quando ancora poteva entrare nelle arene, ndr) alla Royal Rumble. Ma cosa sorprende è la sua intatta qualità sul ring e al microfono. Un solo feud, quello stratosferico con Randy Orton, mandato avanti in due fasi a suon di promo grandiosi da una parte e dall’altra. Ma se le qualità di attore non si perdono, magari vanno solo rispolverate, quelle in ring sono la vera notizia. Ha lottato solo due volte, a Wrestlemania in un last man standing match e a Backlash in un incontro uno contro uno epico. Mezz’ora nel primo, oltre quarantacinque minuti nel secondo. Una tenuta atletica incredibile. Non solo è tornato, ma l’ha fatto al top. La dimostrazione di come la vecchia guardia sia ancora da esempio. Peccato solo per l’infortunio al braccio che l’ha tenuto lontano per il resto dell’anno. Era un part-timer e le sue presenze dovevano comunque essere centellinate (come nel recente passato per Brock Lesnar, ndr). Ma qualche altra apparizione l’avremmo gradita, soprattutto se il livello dell’ ‘Ultimate Opportunist’ è questo.
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Posizione n. 5 – Seth Rollins
La nuova veste di ‘Messiah’ ha rilanciato la sua immagine, dopo l’anno da face passato senza mai incidere abbastanza nel 2019. Un anno fa lo piazzammo al terzo posto più per demeriti degli altri che per meriti suoi (solo in parte, ndr), ma effettivamente da face e da campione, soprattutto, aveva deluso molti (colpa soprattutto del booking team, va detto). Ma nel 2020 è stato il solito grandissimo Seth Rollins. Un heel presuntuoso, convinto di stare nel giusto con la storia del ‘greater good’. Bravissimo nei promo e nel lanciare nuove leve come suoi discepoli: Murphy su tutti, ma stava facendo lo stesso con gli AOP e con Austin Theory, prima dei loro addii al main roster. Un ottimo feud con Kevin Owens mandato avanti fino a Wrestlemania e chiuso da un grandissimo match. Un feud di transizione con Drew McIntyre per il titolo WWE, chiuso anch’esso con un grande incontro a Money in the Bank. Poi la rivalità con Rey Mysterio e poi con tutta la sua famiglia. Un feud iniziato bene, condito anche da buoni incontri, ma che ha avuto il demerito di protrarsi troppo. Addirittura con il draft sono stati trasferiti da Raw a SmackDown tutti ma proprio tutti (Murphy, i Mysterios e Seth). I match visti durante il feud sono stati molto buoni: due su tutti, l’eye for an eye match di Extreme Rules e il no holds barred a SmackDown di novembre, entrambi contro Rey Mysterio. C’è però un neo in tutto questo. Grandissimo personaggio, gran bel 2020, ma non gli ha portato nulla. Nessun titolo (a parte un breve giro da campione di coppia insieme a Murphy a inizio anno, ndr). Quasi come se la WWE l’abbia voluto mettere alla prova per vedere cosa sa fare senza una cintura in vita. Sa fare benissimo, ecco la risposta.
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Posizione n. 4 – ‘The Fiend’ Bray Wyatt
Hanno provato ad affossarlo in tutti i modi, ma Bray Wyatt ha fortunatamente per contratto un buon controllo del suo personaggio. E meno male. Perché grazie a questo controllo il personaggio del maligno, di The Fiend, non è stato danneggiato, anzi si è rilanciato benissimo, nonostante alcuni “non-sense” del booking team. Inizia il 2020 esattamente come aveva chiuso l’anno precedente, cioè dominando. Sembra indistruttibile per chiunque, ma poi succede l’incredibile. Nell’orrendo Super Show-Down perde in modo pulito contro Goldberg. Nessuna costruzione e prima sconfitta pulita del maligno contro un “pensionato”. Sconfitta che gli costa il titolo universale, che lui non reclama neanche perché i piani della WWE sono di vedere Goldberg contro Reigns a Wrestlemania (salteranno anche questi, ndr). E ora che si fa? Ecco la genialata: Firefly Funhose match. The Fiend approfitta del ritorno del leggendario John Cena per Wrestlemania e lo sfida. Ma non è un vero incontro, è un viaggio nella carriera di Cena rivisto nella mente contorta di Wyatt, che lo fa fallire rivivendo quei momenti che invece hanno fatto la fortuna del bostoniano. E poi arriva il Fiend che cancella definitivamente John. Non poteva esserci modo migliore per rilanciare il Fiend. E poi la rivalità con Strowman, dove lentamente Bray porta l’ex amico Braun sulla strada del maligno, che poi lo travolge a Summerslam, tornando campione universale. Dura pochissimo perché il titolo torna a Roman Reigns in un triple treath. Certo, Fiend non viene schienato, ma il “non-sense” sta nel fatto che non reclama neanche stavolta quel titolo perso. Ma si rilancia ancora: stavolta trovando in Alexa Bliss una partner fedele e bravissima e iniziando un nuovo feud, puntando Randy Orton, arrivando a sfidarlo in un incredibile inferno match a TLC. Finisce sconfitto tra le fiamme, ma potrebbe essere l’inizio di un periodo ancora più malefico e pericoloso. Non dominante come nella seconda metà dello scorso anno, ma assolutamente una conferma della genialità di questo malefico personaggio.
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Posizione n. 3 – Randy Orton
E qui, ragazzi, si ferma l’orologio. Quando ha voglia di lavorare e lo fa con quelli giusti, Randy Orton è sempre un grandissimo. Un veterano senza età, che ha condotto un anno straordinario a suon di promo e match di grande qualità. Il suo 2020 si può dividere in due parti: quella contro Edge e quella contro Drew McIntyre. Nella prima rivediamo il Randy old style. Quello dei primi anni Duemila, con grandissimi promo in un memorabile botta e risposta con la ‘Rated-R Superstar’, dove i due hanno dato lezioni di storytelling a chiunque. E che dire dei due match. Quello di Wrestlemania è una scazzottata selvaggia molto lunga, ma raccontata benissimo. Quello di Backlash è il wrestling. E’ il motivo per cui amiamo questa disciplina. Ma passiamo alla seconda metà del 2020, quando dopo il feud con Edge punta dritto al titolo WWE di Drew McIntyre. La rivalità è buona, non eccezionale, ma ben raccontata. Forse un po’ lunghetta, ma non male. Ma sono gli incontri tra i due a fare la differenza. Buono quello di Summerslam. Molto buono l’ambulance match di Clash of Champions. Grandioso, sebbene lento, quello di Hell in a Cell, dove Randy entra nella storia. Viene premiato il grandissimo lavoro di quest’anno, diventando campione WWE e ottenendo il 14.mo titolo mondiale in carriera; come Triple H, meglio di lui solo Ric Flair e John Cena con 16. Peccato sia durata poco. Meno di un mese dopo, nell’ultimo ottimo scontro contro Drew riconsegna il titolo allo scozzese. Solo un regno di transizione, come premio per il lavoro svolto. Ma se sulla durata del regno possiamo discutere, di certo non possiamo non riconoscere il suo ottimo 2020, che gli vale il gradino più basso del nostro podio, legittimato dall’ultimo grande feud dell’anno, contro The Fiend, dato alle fiamme nello spettacolare main event di TLC. Insomma, passano gli anni, ma ‘The Viper’ è sempre una certezza.
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Posizione n. 2 – Roman Reigns
Turnate heel Roman Reigns, turnatelo heel. Quante volte lo avete chiesto e l’abbiamo chiesto? E’ stato un grido disperato quando per anni abbiamo visto il ‘Big Dog’ pushato a tutti i costi come volto della WWE, ma non gradito dai fan, proprio perché imposto. E questo a prescindere, al di là del suo carisma, che invece c’era. E finalmente dopo l’estate e dopo una lunga assenza (che si è fatta sentire eccome, ndr), Roman torna e torna come heel. La prima parte dell’anno è più o meno la solita “zuppa”: qualche feud secondario (King Corbin, ndr) e una Wrestlemania che arriva e dove senza grandi meriti o costruzioni viene inserito in un discutibile match contro Goldberg per il titolo universale, dove è scritto a caratteri cubitali che vincerà. Perché costruire bene un feud contro The Fiend e costruire altrettanto bene e in modo credibile una vittoria contro il maligno sarebbe stato chiedere troppo. Ma la pandemia e la prudenza lo portano a rinunciare a Wrestlemania e al match contro Goldberg. Rimane assente per molti mesi e poi eccolo a Summerslam. Irrompe dopo il main event attaccando Strowman e Fiend. Poi si rivela come nuovo Paul Heyman guy. In una settimana con furbizia e potenza vince da heel il titolo universale. Lo detiene umiliando suo cugino Jey Uso ed ergendosi a ‘Tribal Chief’ della famiglia samoana, di SmackDown e di tutto l’universo WWE. Si rivela un ottimo storyteller nei due match contro Jey Uso e non dispiace affatto nell’ottimo champion v champion match contro Drew McIntyre alle Survivor Series. e nel bellissimo TLC match in cui supera Kevin Owens. Un uomo di Paul Heyman, ma diverso da Brock Lesnar. Roman parla, spesso interrompe il suo manager e lo sovrasta; gli lascia spazio, ma fino a un certo punto. Si fa odiare. Sta riprendendosi tutto quello che non gli è stato riconosciuto in passato. E’ questo il personaggio adatto a lui. Può essere il volto della WWE anche da heel e lo sta facendo benissimo. Ha lasciato il segno in pochi mesi e può lasciarlo anche in futuro. Believe that!
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MAN OF THE YEAR – Drew McIntyre
Eh beh, amici cari, che anno è stato quello di Drew McIntyre! Il punto esclamativo non è un errore: non è infatti una domanda, ma un’affermazione. Anno clamoroso per questo gigante che finalmente è stato lanciato nella gabbia di squali che è il main roster ed è rimasto a galla benissimo. Peccato solo che questa sua grandissima annata è stata in gran parte vissuta senza il sostegno di un pubblico reale. Ma lo ‘Scottish Warrior’ ha davvero impressionato tutti per presenza scenica, qualità dei match, prestigio dato al titolo portato in vita, feud portati avanti, carisma. Davvero bravo. A mani basse l’anno più bello della sua carriera. E vivissimi complimenti anche al booking team che una volta tanto ha costruito un face non banale, ma di grande qualità: possente, aggressivo quando serve, che sa soffrire e sa vincere non con due mosse tirate a caso, ma creando il giusto clima nei suoi incontri. La parte più bella è forse la prima, quella che va dalla Royal Rumble a Wrestlemania. Nella rissa elimina Brock Lesnar che stava fin lì dominando e poi va a vincere una delle Rumble più belle degli ultimi anni. Poi punta ancora ‘The Beast’ e va a batterlo nel main event di Wrestlemania: match bruttino e breve, ma col giusto esito, che corona un ottimo percorso. Ma il resto del 2020 era la prova più difficile. Dopo le luci della ribalta dello ‘Showcase of Immortals’ era atteso dalla grande prova di legittimare il suo regno. E signori, l’ha fatto egregiamente. Non un feud sbagliato. Non un match sbagliato. Anche quelli meno appariscenti come contro Lashley a Backlash o Ziggler a Extreme Rules sono ottimi incontri. Spettacolare quello contro Seth Rollins a Money in the Bank. E uno meglio dell’altro quelli contro Randy Orton, contro cui perde e riconquista la cintura. Non era in palio il titolo, ma assolutamente bello anche quello contro Roman Reigns, uno dei pochi gradevoli capitoli del deludente Survivor Series. Bene anche nel conclusivo TLC match dove si difende sia da AJ Styles che dall’incasso del Money in the Bank di The Miz. Insomma. ‘Scottish Warrior’ mai sottotono e con una continuità notevole in questo anno. Il 2020 è suo. Non abbiamo dubbi: è lui il man of the year. Bravo Drew, te lo meriti.
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Anni precedenti
2017 – Roman Reigns
2018 – AJ Styles
2019 – ‘The Fiend’ Bray Wyatt