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Ci sono regni da campione mondiale di wrestling, in particolare della WWE (da sempre numero uno in questo sport-spettacolo, ndr), che lasciano il segno. Come dimenticare il primo e il terzo di John Cena? E il primo straordinario regno di Hulk Hogan? Qualche fan della prima ora ricorderà anche i due lunghissimi del nostro Bruno Sammartino, o quello di Pedro Morales o il primo di Bob Backlund. Altri tempi, dove era più facile mettere a segno un giro titolato di mille e più giorni. Ma comunque lottando. Meno frequentemente rispetto al fitto calendario che la WWE impone oggi alle sue star, ma comunque lottando. Forse per questo, tra i tanti regni di cui abbiamo deciso di parlare, abbiamo scelto due dell’ultimo decennio. Un decennio in cui è durissima arrivare a 200 giorni consecutivi da campione mondiale, figuriamoci il doppio (e oltre, ndr). Parliamo dell’attuale regno da campione universale di Brock Lesnar, che ha sfondato il tetto dei 400 giorni consecutivi; e lo mettiamo a confronto con il lunghissimo regno da campione WWE del mai dimenticato CM Punk a cavallo tra il novembre 2011 e il gennaio 2013, durato ben 434 giorni, destinato a essere superato da ‘The Beast’.

I 434 giorni di CM Punk. Ma sono davvero uguali questi due record? I freddi numeri dicono di sì, ma la realtà è ben altra. CM Punk entrò nei cuori dei fan, più di quanto già non lo fosse prima, con un regno iniziato con la grande vendetta su Alberto Del Rio alle Survivor Series del 2011, e proseguito di faida in faida. Feud dopo feud, match dopo match, Raw dopo Raw, live event dopo live event, pay per view dopo pay per view, avversario dopo avversario, tutti si sono arresi al ‘Best in the World’. E Punk ‘best’ lo era davvero. Dolph Ziggler, Mark Henry, John Cena e il suo Money in the Bank incassato senza successo, Chris Jericho, Daniel Bryan, Kane, Big Show. Tutti hanno provato a conquistare quel WWE Championship, che saldamente è rimasto in vita a uno dei più grandi fenomeni dell’era moderna del wrestling. Poi è finita? E come? Nel modo più brutto possibile. Sconfitto da The Rock, un part-timer che in quel periodo era un po’ più libero dai vari impegni cinematografici e poteva tornare al suo vecchio amore, la WWE. Una sconfitta maturata per un solo motivo: perché The Rock contro John Cena a Wrestlemania 29 (tra l’altro neanche una novità alla luce del main event dell’edizione precedente, ndr) avrebbe venduto di più. Rispetto totale per The Rock, sia chiaro. Uno dei tre-quattro preferiti di sempre di chi sta scrivendo. Ma l’onestà intellettuale non guasta e Punk fu terribilmente penalizzato da logiche di business. Ma è un’altra storia questa.

Brock Lesnar universal champion. Analizzato il regno di CM Punk, passiamo a Brock Lesnar. Il suo regno da Universal Champion nasce in modo diverso. Non una superstar in ascesa, ma un campione affermato non solo del wrestling ma anche delle MMA. Un’attrazione, che può pretendere e può guidare i “giochi”. Ha un regolare contratto part-time. Lotta solo in determinate date, ha un calendario limitato, non è sottoposto allo stress fisico delle altre superstar. Fin qui ci può stare. Ma il discorso si fa più complicato quando c’è una delle due cinture principali della WWE di mezzo. Può un campione mondiale (universale se vogliamo utilizzare i termini esatti, ndr) lottare così poco? Ha conquistato il titolo nello scontro tra titani contro Goldberg a Wrestlemania 33 e da lì in poi ha difeso il titolo solo in sei pay per view e in qualche live event. A Raw ha fatto solo qualche comparsa e qualche promo, per lo più da spalla al suo manager Paul Heyman. Il personaggio non si discute: è scritto così ed è figo così, l’animale che parla poco, che lascia parlare il manager e che va subito al dunque. La carriera neanche: atleta straordinario, non solo nel wrestling, con un palmares non da poco. Ma proprio questo è il punto. Un personaggio così può essere attrazione senza avere la cintura più importante. Perché un conto è lottare poco, per far vendere con qualche dream match contro le top star attuali della compagnia. Un altro è farlo difendendo un titolo, facendogli perdere credibilità. 

Questa è la differenza tra questi due lunghi regni. I più lunghi dell’era moderna. CM Punk sarà superato perché, stando agli ultimi rumors, Lesnar non difenderà il titolo neanche a Money in the Bank, e se lo farà saranno comunque passati 441 giorni da campione, 4 in più del ‘Voice of Voiceless’. Il tutto combattendo 10 volte meno di CM Punk tra tv show, special event e house show. Per questo, con tutto il rispetto verso Brock Lesnar, autentica icona di questo sport-spettacolo, il suo regno sarà quello di ‘The Beast’ ma non sarà mai ‘The Best’. 

Di Mario Grasso

Ex giornalista, ora scrivo solo per passione su questo sito. Laureato in Giurisprudenza. Buyer presso Autostrade per l'Italia. Da sempre appassionato di wrestling, ho dato vita nel 2017 a WWEMania, in cui mi diletto in report e qualche editoriale, oltre che all'archivio storico di titoli ed eventi. Scegliere i miei preferiti di sempre è abbastanza dura, ma faccio 4 nomi: Hulk Hogan, The Undertaker, The Rock e Shawn Michaels. Ma anche tantissimi altri: Brock Lesnar, Chris Benoit, CM Punk, AJ Styles, Rey Mysterio, Goldberg, Sting, solo per dire qualche nome. Tra quelli di oggi senza dubbio Seth Rollins, Cody Rhodes e Roman Reigns