E’ il 9 ottobre 2017, ultime battute dell’anno; assistiamo a un evento storico: ritorna lo Shield. Pochi mesi prima c’è stata una riunione storica. A tre anni di distanza dallo storico tradimento e dalla conseguente di una delle più riuscite stable di sempre della WWE, Seth Rollins e Dean Ambrose si riappacificano. Insieme diventano anche campioni di coppia, ma il bello deve ancora venire. Provocati dal Miztourage e da Cesaro e Sheamus, i due riescono a riportare al loro “capezzale” anche colui che era il loro leader: Roman Reigns. Così il 9 ottobre 2017 ritorna lo Shield. Emozionante rivederli entrare tutti e tre con la stessa theme song e dal pubblico. Ma c’è un vecchio detto che dice che la minestra riscaldata non è buona. E in effetti, anche per colpe non loro, i tre solo a sprazzi riescono a far ricordare i bei tempi.
Cosa non ha funzionato. Ci sono principalmente tre cose che hanno inciso sulla poca riuscita. Una è fortunatamente dovuta all’evoluzione nella carriera di Seth Rollins, Dean Ambrose e Roman Reigns, ormai lanciati come singoli. Sì, vero, Rollins e Ambrose sono stati campioni di coppia e Rollins lo è tutt’ora insieme a Jason Jordan; ma ciò non tragga in inganno. E’ una situazione temporanea dovuta al fatto che a Raw c’è molto traffico di superstar importanti e anche proporre qualcuno per il secondo titolo (quello intercontinentale, ndr) è problematico. Senza contare poi che finché i due titoli principali saranno nelle mani di Brock Lesnar e dello stesso Roman Reigns, difficilmente Rollins e Ambrose riusciranno a imporsi. Quanto a Roman Reigns, lui è quello che ha fatto più strada essendo ormai un main eventer e che con le vittorie su The Undertaker e John Cena ha davvero intrapreso una via molto chiara. Gli altri due elementi che non hanno funzionato sono stati poi le due defezioni interne. Infatti, neanche il tempo di riunire la stable che Roman Reigns viene colpito da un’epidemia che lo porta a dover dare forfait a TLC, dove lo Shield avrebbe dovuto sfidare ben cinque avversari nel main event. A rimpiazzarlo lì è stato Kurt Angle, mentre nei vari live event successivi è toccato addirittura a Triple H. Al suo ritorno finalmente c’è stato qualcosa di bello, come il tre contro tre contro il New Day alle Survivor Series, ma poi i problemi sono tornati puntuali. Stavolta la defezione è di Dean Ambrose, infortunatosi al gomito e con un lungo stop programmato per lui. Lo Shield, di fatto, finisce qui. Poco male visto che Reigns è campione intercontinentale e Rollins ha trovato in Jason Jordan un nuovo partner con cui condividere i titoli di coppia di Raw. Ma ciò non fa altro che confermare quanto detto a proposito della scarsa riuscita di questa reunion.
A cosa è servita? Eppure non è stata così inutile. Anzitutto doveva servire a dare un senso al ritorno in team di Rollins ed Ambrose, che però erano incompleti agli occhi dei fan senza la loro “terza gamba”, Roman Reigns. E proprio il ‘Big Dog’ è il vero obiettivo, sostanzialmente raggiunto. Anche se da anni proposto come face e volto della compagnia, infatti, Roman Reigns suo malgrado ha rovesciato il concetto di face, venendo spesso subissato di fischi al suo ingresso nelle arene. Il merchandising va a mille, ai fan casual piace. Ma chi va a vedere gli spettacoli non l’ha mai amato per via di alcuni limiti tecnici e al microfono. La vittoria su una leggenda come Undertaker ha peggiorato le cose perché ritenuto non meritevole di ritirare un’icona come il ‘Deadman’. Eppure da lì abbiamo visto un ottimo Roman Reigns. La faida con Braun Strowman ha messo in mostra le sue capacità di tirar fuori grandi match; quella con John Cena gli è servita per imparare come comportarsi al microfono e, fateci caso, quanto è migliorato dal post No Mercy in poi. Ma gli scettici andavano zittiti una volta per tutte ed ecco che l’unica via era questa, affiancarlo a due superstar amate come Seth Rollins e Dean Ambrose nello Shield. Missione compiuta. Al suo ingresso con lo Shield prima e da solo adesso, le reazioni sono miste. I fischi degli inossidabili non mancano, ma ormai anche le urla di acclamazione si fanno sempre più intense. I suoi miglioramenti e l’intelligente trovata della Open Challenge con cui mette settimanalmente in palio il suo titolo intercontinentale, stanno facendo il resto.
In sintesi. La reunion dello Shield, un po’ come quella di altre stable della storia, non è riuscita ed è stata quasi una farsa in sé. Ma è servita a raggiungere quello che doveva essere pressoché l’unico obiettivo, a parte quello dell’effetto nostalgia.