Ed eccoci a una categoria attesissima. Chi è stato il miglior wrestler del 2017? Vediamo la top 10, in ordine decrescente.
Prima qualche menzione d’onore. Non entrano nella nostra top 10, ma meritano una certa considerazione alcuni wrestler. Su tutti John Cena, poco presente, vero, ma che è comunque entrato nella storia a inizio anno vincendo il WWE Championship alla Royal Rumble, sebbene per soli 15 giorni, e diventando sedici volte campione mondiale, come la leggenda Ric Flair. Altre menzioni d’onore sono per i seguenti: Samoa Joe e Shinsuke Nakamura, che hanno fatto il loro esordio nel main roster dopo i grandi successi ottenuti in TNA, in NJPW e a NXT, anche se ancora non hanno lasciato il segno; Cesaro e Sheamus, che si sono reinventati tag team con ottimi risultati; Dean Ambrose, non eccezionale da campione intercontinentale ma sempre ottimo personaggio. Non entrano neanche nelle menzioni d’onore né il vincitore della Royal Rumble, Randy Orton, il cui anno è stato buono per i primi tre mesi, ma anonimo per la parte restante, né quello del Money in the Bank, Baron Corbin, che ha fallito l’incasso e prima di diventare campione statunitense è stato a lungo poco convincente. E ora la top 10.
#10) Al decimo posto inseriamo Enzo Amore. Non certo per le sue qualità in ring, abbastanza limitate, ma sicuramente per quelle al microfono, sensazionali. Ma il vero motivo è il fatto che grazie a questa qualità ha saputo elevare la categoria dei pesi leggeri, ponendola addirittura per varie puntate nel main event di Raw. Nulla a che vedere con i voli e le manovre veloci dei ‘cruiserweight’, ma una bella svolta in una divisione ricca di talento nel lottato, ma davvero povera di personaggi.
#9) Ancora un peso leggero nella top 10. Stavolta parliamo di Neville, che tra l’altro non fa neanche più parte del roster della WWE (anche se si vocifera di un ritorno, ndr). Campione per tantissimo tempo. Quasi un anno intero. Un totale di 232 giorni: un primo regno di 197, interrotto solo per qualche giorno da Akira Tozawa, e un secondo regno di 35. Certo, perdere quel titolo da Enzo Amore è un po’ un affronto alle sue qualità. Ma rimane il fatto di essere stato a lungo il più credibile campione della categoria, sia per qualità sul quadrato sia come personaggio. Senza l’introduzione di Enzo nella divisione pesi leggeri, probabilmente sarebbe ancora campione. Degne di nota tutte le sue sfide contro Austin Aries.
#8) Un po’ forzata la sua introduzione in top 10, ma tutto sommato può starci bene Seth Rollins in questa classifica. Prima parte di anno importante: la faida con Triple H e la bella vittoria su ‘The Game’ a Wrestlemania. Poi il successo su Samoa Joe. Ma all’improvviso la scalata del ‘Kingslayer’ subisce un arresto. Una serie di sconfitte, perfino nella faida con Bray Wyatt, che sembrano ridimensionarlo. Poi come una manna dal cielo arriva la reunion prima con Dean Ambrose e poi di tutto lo Shield, che lo rilancia alla grande, con tanto di conquista dei titoli di coppia. Un buon punto da cui ripartire per rilanciarsi nella scena che conta.
#7) E’ stato un ottimo anno anche per Kevin Owens. Formidabile al microfono: un heel nato. Sempre ottimo anche sul ring. Inizia l’anno da campione universale e rimane tale per i primi mesi, fino alla beffa di dover cedere lo scettro al part-timer di turno (Goldberg, ndr) in vista di Wrestlemania. Una storia già vista (vero CM Punk?). Poi però è bravo a rimanere al top. Evolve la faida con Chris Jericho, che lo porta a conquistare in due tranche il titolo statunitense, col quale si trasferisce a SD Live. Diventa uno dei personaggi di punta dello ‘show blu’. Bella la faida con AJ Styles, dove perde, riconquista e riperde il titolo US. Conclude benissimo con la sua faida contro Shane McMahon e l’intero roster di SD Live, affiancato dal ritrovato amico Sami Zayn. Sempre al centro della scena.
#6) Continuano i miglioramenti di The Miz. Se si va a vedere bene è già un wrestler più che affermato: una volta WWE Champion, è stato nel main event di Wrestlemania, è uno dei più longevi campioni intercontinentali di sempre, è un Grand Slam Champion, ha vinto un Money in the Bank. Gli manca solo la Royal Rumble e ha tutto. Eppure c’è chi era ancora scettico. Ebbene. L’ ‘Awesome One’ ha zittito tutti anche quest’anno: sul ring se la cava, ma è nei promo che dimostra di essere forse il migliore in circolazione. Qualità che gli ha permesso di dare lustro al titolo che ha a lungo portato in vita con ben 169 giorni da campione intercontinentale.
#5) Piaccia o non piaccia Jinder Mahal è stato un grande protagonista di questo 2017. Particolare la sua storia. Jobber nel roster di Raw, il classico heel che però perde. Si inchina perfino a Mojo Rawley nella Battle Royal del kick-off di Wrestlemania. Poi la strana svolta. Passa nell’indifferenza generale nel roster di SD Live e qui dal nulla è lanciato per il WWE Championship, che vince. E non è un campione transitorio. Il suo regno dura 170 giorni. Batte più volte una leggenda come Randy Orton, batte più volte una promessa della compagnia come Shinsuke Nakamura, resiste all’incasso del Money in the Bank di Baron Corbin. Alla fine si inchina ad AJ Styles. Ma rimane un regno contrassegnato sì dalle tante contraddizioni, ma comunque lungo. Poca qualità sul ring, discreto nei promo. Ma comunque grande impegno. Scelta commerciale per espandersi in India (anche se sembra che la compagnia abbia insistito troppo e i risultati non siano stati eccezionali, ndr). Opinabile, certo, ma noi vi poniamo di fronte al dato di fatto: ha stupito tutti, nel bene e nel male. A voi le considerazioni, ma l’inserimento nella top 10 è d’obbligo.
#4) Poco presente, ma quando c’è stato ha fatto capire perché è lui il WWE Universal Champion. Stiamo parlando di Brock Lesnar, che inseriamo proprio a ridosso del podio. Inizio anno negativo con l’eliminazione-lampo dalla Royal Rumble, ma poi è stata un’escalation continua. La vittoria a Wrestlemania su Goldberg. Poi quella su Samoa Joe. Poi il Fatal Four Way contro ancora Samoa Joe, Roman Reigns e Braun Strowman, tre non proprio piccolini. Quindi contro il gigante Braun Strowman. Infine quella sofferta contro il meno pesante ma più atletico AJ Styles. Tutti sono caduti sotto i colpi dei suoi Suplex e della F5. Fin dai suoi esordi, ‘The Beast’ è stato costruito come pressoché imbattibile, ma la costruzione attuale sembra proprio intenta a far capire che lui è il leader incontrastato, che può permettersi poche presenze perché quando c’è comanda lui.
#3) Di tanti personaggi è certamente quello che più di tutti si è evoluto. Grandissimo lavoro fatto dalla compagnia e dallo stesso Braun Strowman, che sale sul gradino più basso del nostro podio. Anno di grande fattura, pur senza stringere in vita alcuna cintura. Protagonista nella Royal Rumble, dove ci vuole un’azione di gruppo per farlo fuori. Regala momenti epici da vero distruttore: rompe il ring contro Big Show, rompe la gabbia ancora contro Big Show, fracassa ancora il ring contro Kane. Batte più volte Roman Reigns, stella del momento. Per poco non mette fuori causa Brock Lesnar, fracassandolo su due tavoli e gettandogliene uno addosso nel main event di Summerslam. Si rialza anche dopo duri attacchi come quello nell’ambulanza a opera di Reigns e quello nel tir dell’immondizia a opera di The Miz, Kane, Cesaro e Sheamus a TLC. Una vera montagna umana. Indistruttibile. Peccato solo per il titolo universale sfuggito nel match, tra l’altro deludente, contro Brock Lesnar a No Mercy. Ha saputo comunque rialzarsi subito da quello shock, cosa che non capita spesso ai giganti, che quando perdono perdono anche la loro aura di invincibilità. Proseguendo su questa strada potremmo trovarci di fronte a un grande wrestler, vista anche la sua buona capacità di movimento a dispetto della grande mole.
#2) Per performance, continuità di rendimento e qualità meriterebbe il primo posto AJ Styles. Lo mettiamo al secondo posto solo perché il primo classificato ha ottenuto due vittorie che fanno la differenza, ma ci arriveremo. Tornando a ‘The Phenomenal’, ha reso ancora una volta onore al suo soprannome, sfoderando prestazioni uniche. In quasi tutti i match più belli dell’anno c’è lui di mezzo. E la cosa bella è che le prestazioni migliori le ha sfoderate quando ha perso: il supermatch alla Royal Rumble contro John Cena, dove ha perso il titolo WWE; il match perso a TLC contro Finn Balor, dove ha lottato benissimo nonostante assenza di costruzione dell’incontro e stress fisico incredibile (fino a 24 ore prima era in Sudamerica in tour); il match di Survivor Series contro Brock Lesnar, dove è riuscito a regalare un grande match con ‘The Beast’ protagonista dopo anni. Tutto questo senza dimenticare anche i match vinti: vedi su tutti quello di Wrestlemania contro Shane McMahon. Con lui si va sempre sul sicuro. Una piccola delusione forse i match (non la faida, che invece è stata bella, ndr) con Kevin Owens: dove alla fine a Summerslam hanno anche regalato un buon match, ma da due come loro era lecito aspettarsi di più. Quanto poi ai risultati personali: anno straordinario anche questo. Inizia da campione WWE, perde subito il titolo ma riesce più o meno a rimanere nel giro; poi diventa campione US entrando nella storia perché strappa il titolo a Kevin Owens in un house show, cosa rarissima. Difende benissimo la seconda cintura del roster di SD Live, con una fantastica Open Challenge, che dà importanza al titolo. Poi finalmente torna campione WWE, battendo Jinder Mahal, riuscendo a far fare un buon match all’indiano, cosa che nessuno aveva fatto finora. Fenomenale.
#1) Face, nuovo volto, vende tanto, piace a tanti, ma in tanti lo fischiano. Nel bene o nel male Roman Reigns fa sempre parlare di sé. Molti lo criticano, ma il dato di fatto è che se si fa un discorso complessivo, che guardi le prestazioni in ring (decisamente migliorate, ndr) e le reazioni (indipendentemente positive o negative, ndr) che genera la sua presenza, non c’è dubbio: è lui il wrestler dell’anno. Non siamo di fronte a un face amatissimo stile Hulk Hogan o The Rock. E nemmeno di fronte a un asso della tecnica come AJ Styles. Eppure il ‘Big Dog’ è sempre al centro di ogni discussione. La compagnia, poi, ha fatto un lavoro intelligentissimo con lui. Inizia l’anno da campione statunitense, ma perde quel titolo immediatamente. Rimane tutto l’anno senza titoli, ma rimane al centro della scena. Per il quarto anno consecutivo è tra gli ultimi quattro nella Royal Rumble, dove tra l’altro è l’ultimo a essere eliminato. Batte nientemeno che The Undertaker a Wrestlemania, cosa riuscita solo a Brock Lesnar ed entrando nella storia. E’ protagonista di una faida incredibilmente bella e dura con Braun Strowman, dove concede anche job. Solo una volta lotta per il titolo universale di Brock Lesnar, ma è un match a quattro e anche qui è bravo a concedere il job subendo il pin decisivo. Cresciuto notevolmente sul ring, ma anche al microfono. Qui il miglioramento è recentissimo: la faida breve ma intensa con John Cena è stata un toccasana perché il buon John gli ha fatto capire (sovrastandolo, ndr) i suoi limiti nelle mic skills e, fateci caso, da settembre in poi Roman Reigns è diventato molto più coinvolgente anche al microfono. Batte John Cena ottenendo un’altra vittoria fondamentale che segna un vero e proprio passaggio di consegne. Torna a capo del riunito Shield, tornando finalmente a ottenere anche applausi e acclamazioni dei fan (i fischi ci sono ancora, ma ora le reazioni nelle arene sono miste, ndr). Infine torna a indossare una cintura alla fine dell’anno conquistando il titolo intercontinentale. Evoluzione straordinaria, che lo proietta verso un 2018 importante. Piaccia o no è lui il nuovo volto della WWE.